Io nun piango (Franco Califano)

Critica senza pretese di €runamo

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    Ci siamo quasi...

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    Ebbene ho deciso di tentare di interpretare una canzone molto "maledetta", ovvero che si ispira ai poeti maledetti francesi del 1800: Rimbaud, Verlaine e, anche se esso cronologicamente venne prima di tali poeti, Baudelaire, poiché fu lui il precursore di tale corrente.
    "Io nun piango" di Califano è una canzone cruda, sprezzante, che sputa in faccia alla vita, tranne che in alcune situazioni che poi andremo ad analizzare.
    Quindi cominciamo: Per prima cosa posto il testo e la canzone qui sotto, poi proverò passo passo a interpretarla, vediamo che ne viene fuori.

    Io nun piango pe' quarcuno che more,
    Non l'ho fatto manco pe 'n genitore
    Che morenno m'ha 'nsegnato a pensare,
    Non lo faccio per un altro che more.
    Io nun piango quanno scoppia 'na guera,
    Er coraggio de' l'eroi stesi in tera,
    Io lo premio co' du' fiori de serra,
    Ma nun piango quanno scoppia 'na guera.
    Io piango, quanno casco nello sguardo
    De' 'n cane vagabondo perché,
    Ce somijamo in modo assurdo,
    Semo due soli al monno.
    Me perdo, in quell'occhi senza nome
    Che cercano padrone,
    In quella faccia de malinconia,
    Che chiede compagnia.
    Io nun piango quanno 'n omo s'ammazza,
    Il suo sangue nun me fa tenerezza,
    Manco se allagasse tutta 'na piazza,
    Io non piango quanno 'n omo s'ammazza.
    Ma piango, io piango sulle nostre vite,
    Due vite violentate.
    A noi, risposte mai ne abbiamo date,
    Ecco perché la sete...
    Io piango, so tutto er tempo che ce resta
    E me ce sento male.
    Domani, se non sbajo è la tua festa;
    La prima senza viole... la prima senza viole... la prima senza viole..





    Prendiamo la prima parte:

    Io nun piango pe' quarcuno che more,
    Non l'ho fatto manco pe 'n genitore
    Che morenno m'ha 'nsegnato a pensare,
    Non lo faccio per un altro che more.


    Tutti moriamo, forse è l'unica certezza della vita, molto poche sono le certezze in vita, appunto io ne individuo due, la vita e la morte.
    Califano secondo me vuole sottolineare questo, non si piange sull'inevitabile, inutile versare lacrime su una cosa che accade a qualcuno tutti i giorni: La Morte!
    Tanto è vero che dice che non ha pianto nemmeno per la morte di un suo genitore, anzi, dice proprio che da esso gli è stata tramandata questa cruda saggezza: Non si piange per un uomo che muore.

    Passiamo alla seconda parte:

    Io nun piango quanno scoppia 'na guera,
    Er coraggio de' l'eroi stesi in tera,
    Io lo premio co' du' fiori de serra,
    Ma nun piango quanno scoppia 'na guera.


    La guerra, Califano qui dimostra tutto il suo ripudio per essa! Non tollera che la morte sia dettata da interessi superiori, non muoiono i generali nelle guerre moderne, ma i poveretti che vengono mandati lì a forza, che nemmeno ci vorrebbero essere. Tanti lo fanno di lavoro vero, ma non vorrebbero mai lavorare, perché il loro lavoro è uccidere. Due fiori di serra, qui dimostra comunque la sua umanità, il fatto che nonostante tutto rende omaggio a costoro che in guerra muoiono.

    Passiamo alla terza parte:

    Io piango, quanno casco nello sguardo
    De' 'n cane vagabondo perché,
    Ce somijamo in modo assurdo,
    Semo due soli al monno.
    Me perdo, in quell'occhi senza nome
    Che cercano padrone,
    In quella faccia de malinconia,
    Che chiede compagnia.


    Forse la parte più bella della canzone. Ascoltate le prime due parti si poteva pensare ad un Califano cinico, che non piange per niente, che tutto gli scivola sulle spalle, ma no però, alla fine piange, quando? Quando incrocia lo sguardo di un cane vagabondo, si vagabondo e solo come lui, il cane cerca amore in un padrone, un uomo lo cerca in un'altra persona. Il cane e l'uomo sono talmente soli che essere malinconici, avere questo in comune è una sorta di compagnia

    Passiamo alla quarta parte:

    Io nun piango quanno 'n omo s'ammazza,
    Il suo sangue nun me fa tenerezza,
    Manco se allagasse tutta 'na piazza,
    Io non piango quanno 'n omo s'ammazza.


    La vita visto che è una è sacra, non la si deve togliere. Califano che non piange una morte naturale, in quanto inevitabile prima o poi, ha disgusto per uno che la morte se la dona da solo, che si suicida. Per lui nemmeno una lacrima, nemmeno due fiori di serra, per lui solo la rabbia di chi davanti all'ostacolo sceglie la scorciatoia del baratro eterno.

    Passiamo alla quinta parte:

    Ma piango, io piango sulle nostre vite,
    Due vite violentate.
    A noi, risposte mai ne abbiamo date,
    Ecco perché la sete...
    Io piango, su tutto er tempo che ce resta
    E me ce sento male.
    Domani se non sbajo è la tua festa, la prima senza viole...
    La prima senza viole...
    La prima senza viole..


    E' l'ultima strofa della canzone, qui subentra l'amore, un Califano che piange sulla vita sua e di una persona che ha amato in maniera intensa, questa donna probabilmente è Mita Medici, cantante, attrice e presentatrice italiana, forse l'unica donna che "Er Califfo" ha mai veramente amato.
    Però un orso non lo tieni al guinzaglio, ha troppa forza, non lo rallenti nemmeno di un poco, Califano tale era, uno spirito libero, che pur amando non riusciva a stare senza avere relazioni anche con altre donne, ecco appunto: "A noi risposte mai ne abbiamo date, ecco perché la sete."
    Un rapporto che ha avuto tanti quesiti, ma per un motivo o per un altro non ha mai avuto risposte, e la sete sta a significare appunto una fonte vitale che è venuta a mancare e, da un momento che non ci è dato sapere, a costei non sono state donate più le viole.

    Io ho terminato, devo solo specificare alcune cose:

    - Ho provato ad interpretare un testo molto difficile, Califano su certi testi è molto criptico, spero di essere riuscito almeno in parte nella mia intenzione.

    - Non è detto che io sia d'accordo con il testo di questa canzone, anche io qui sono criptico, potrei essere d'accordo del tutto, in parte o per niente, ma è comunque un capolavoro della musica italiana, una poesia cantata, che siate d'accordo o meno, che io sia d'accordo o meno, resta un'opera unica.

    Grazie a tutte/i
     
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